LE DOMANDE CHE SFOCIANO IN DUBBIO PATOLOGICO
- dott.ssa Alessia Biggio
- 18 nov 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 15 nov 2024
Nel dubbio patologico le domande che la persona formula non sono semplicemente domande che la sua mente si pone e possiede. Sono domande che possiedono la sua mente.
Si tratta infatti di domande che, per come sono formulate, non ammettono mai un’unica risposta giusta e assoluta ma al contrario molte risposte possibili, le quali si alternano e si accumulano nella mente della persona, portandola ad ossessionarsi su quella domanda e su tutte quelle che ne derivano. La persona comincia così a trovare molte ragioni a favore di ogni risposta possibile vagliata, senza però riuscire a sceglierne una definitiva. Senza cioè riuscire a scegliere quale sia più giusta delle altre, intrappolandosi così sempre di più in un ciclo di domande e risposte senza fine che finiscono per affollarne totalmente la mente.
Le domande possono riguardare qualunque argomento ma possiamo individuare almeno tre diverse grandi tipologie di interrogativi che caratterizzano spesso i dubbi patologici.
1. Una di queste tipologie è rappresentata da domande che nel loro contenuto appaiono del tutto legittimi su sé stessi, sulle relazioni e sul mondo. Ad esempio:
“Mi piace davvero il lavoro che faccio o dovrei cambiarlo?”
“Sono davvero innamorata di questa persona o è solo abitudine?
“Sposarmi sarà davvero la scelta giusta oppure no?
“Sto davvero vivendo la vita che vorrei o sono condizionato dagli altri?”
Interrogativi che potrebbero essere un ottimo punto di partenza per avviare un processo di cambiamento costruttivo nella propria vita, e che diventano invece un vero e proprio tormento nel dubbio patologico tanto da accompagnare la quotidianità della persona diventando onnipresenti e intrusive fino ad assumere la forma di veri e propri dilemmi irrisolvibili che finiscono a volte per assumere un significato sproporzionato. Come se l’intera vita e felicità della persona dipendessero totalmente ed irrimediabilmente dalla soluzione al quesito.
L’emozione prevalentemente associata ad ogni forma di dubbio patologico è infatti la paura. Paura di sbagliare irrimediabilmente. In questo caso specifico, la paura diventa un vero e proprio terrore di commettere quell’errore esistenziale che comprometterà inevitabilmente tutto il resto della propria vita e dei giorni avvenire.
2. Un’altra tipologia di domande ha invece una forma del tutto diversa dalle precedenti, ad esempio:
“Mi tradirà o non mi tradirà?”
“Andrà bene o andrà male?”
“Questo articolo sarà interessante oppure no?
“Piacerò o non piacerò a quella persona?”
“E se domani mi sentissi male?”
Una forma del pensare che si trasforma, in questo caso, in una sorta di perversione del ragionamento basata su due presupposti di base fondamentali. Uno di questi è che, prima di agire, devo aver già pensato a tutte le possibilità avverse che mi si potrebbero presentare e devo aver già trovato la soluzione rassicurante ad ognuna di esse (nel tentativo spasmodico di evitare imprevisti non pensati); l’altro presupposto è che, prima di agire, è necessario individuare la decisione più giusta. Anzi LA decisione giusta. Quella cioè che mi permetterà di scongiurare eventi spiacevoli in modo certo.
Dubbi che possono bloccare la persona in un’indecisione pervasiva anche rispetto ad azioni e scelte di vita quotidiana
3. Una terza tipologia riguarda invece domande che possono apparire a chi le ascolta totalmente assurde e insensate, del tipo:
“E se un giorno diventassi omosessuale?”
“E se in questo momento che sto guidando, sterzassi improvvisamente il volante e mi buttassi giù di sotto oltre il ciglio della strada?”
“E se un giorno uccidessi qualcuno?”
“E se, prima, mentre stavo parcheggiando ho investito qualcuno senza accorgermene?”
Domande che assumono un loro significato solo nella dimensione della pura ipotesi concettuale e astratta (dove tutto è pensabile e immaginabile senza limiti, per definizione) ma che risultano del tutto insensate ad un’analisi approfondita dei dati di realtà concreti, poiché in verità mentre la persona le sta pensando: non è attratta dal suo stesso genere e non si sente omosessuale, non ha nessuna intenzione o desiderio di suicidarsi, né di uccidere qualcuno, non ha nessun ricordo in memoria che può farle pensare concretamente di aver colpito una persona mentre stava parcheggiando. E così via.
Dilemmi che diventano quindi irrisolvibili per la modalità con cui la persona cerca di risolverli, muovendosi in genere in una dimensione del pensiero in cui qualunque risposta trovata può essere generata e confutata in un processo senza fine. Per un approfondimento si veda Il dubbio patologico: cos’è e come risolverlo.